

Fonte: L’Informazione, edizione del 10 ottobre 2016
Intervista firmata da Antonio Fabbri
Prima Civico10 ha fatto appello a Rete, che ha risposto no. Poi è stata Rete a rilanciare e C10 che ha rilanciato a sua volta, in un balletto che ha fatto entrare anche i movimenti nel gioco politico delle alleanze, ma nessuno ha detto il fatidico sì. Perché?
Perché, come nel 2012, Civico10 e Rete hanno due impostazioni diverse su come arrivare all’obiettivo, che dovrebbe essere per tutti quello di impostare un nuovo modo di fare politica. Civico10 non ha mai cambiato il suo approccio, crediamo fortemente che il Paese si possa cambiare se si è disposti a discutere e dialogare con tutti quelli che dimostrano di aver voglia di cambiare strada, a partire da un forte rinnovamento che crei discontinuità e dalla convergenza sulle cose da fare, anche quelle meno popolari, per mettere in sicurezza lo Stato. Abbiamo più volte chiesto a Rete di darci una mano a fare questo lavoro di cesello sul resto del panorama politico, perché assieme abbiamo la credibilità e la forza per farlo. I movimenti assieme possono essere il perno per il cambiamento, ma non lo si può fare con i diktat, i veti – tarati a seconda del vento del momento – e gli ultimatum. Per quello abbiamo deciso di proseguire con chi non ne ha messi, come avevamo già fatto quattro anni fa.
Però voi siete disposti ad allearvi con Repubblica Futura. Beh, insomma, lì c’è chi ha appoggiato la linea democristiana: c’è Ap che ha sostenuto la Mularoni di cui Rete ha elencato le magagne, dalle nomine degli ambasciatori, all’incontro a Palazzo Begni al polo della moda… c’è pure Upr, i cui esponenti di spicco si sono defilati perché al centro delle vicende giudiziarie mazziniane… insomma come la mettiamo?
Non sta a noi difendere altri partiti o movimenti dalle accuse che gli vengono fatte, tanto più che anche noi abbiamo più volte sottolineato le cose che non sono andate in questa legislatura, e lo riconfermiamo. Ma le sigle sono fatte di persone, e anche in AP – per esempio – ci sono persone che Rete apprezza, dato che ha addirittura votato la Mularoni come Segretario di Stato alla luce del “buon governo” dimostrato dal suo predecessore Matteo Fiorini. Peraltro AP ha anche scelto di compiere un rinnovamento molto forte della leadership “storica”, questo credo vada apprezzato. E anche UPR dovrebbe essere elogiato, non criticato, per aver fatto scelte forti dal secondo dopo dell’arrivo dei primi rinvii a giudizio relativi a suoi componenti. Al primo punto del documento #daldirealfare, che abbiamo proposto a giugno scorso per provare a dare uno scossone alla stasi politica che tutti denunciavano ma nessuno provava a risolvere, c’è proprio il rinnovamento. In questa fase deve essere il presupposto da mettere in campo prima di discutere di qualsiasi documento programmatico, per dare credibilità a qualsiasi progetto politico. Fino ad ora non avevamo declinato questo rinnovamento con le tante proposte che abbiamo fatto in questi anni, alcune presenti anche nel nostro statuto, perché credevamo fosse più corretto farlo assieme a Rete, un movimento che basa come noi la sua politica sulla credibilità delle persone e che ha sempre avuto idee molto vicine alle nostre su questo tema. Assieme avremmo potuto portare avanti il rinnovamento, la trasparenza delle politiche di governo, un rapporto costante con i cittadini, fatto di informazione continua e raccolta di feedback, con maggiore forza. Peccato che da giugno ad oggi non ci sia stata neppure la possibilità di ragionare su questi presupposti, per colpa di veti soggettivi su sigle, peraltro, che non ci saranno più alle prossime elezioni. Veti che, a fronte dell’opportunità politica che si è venuta a creare con il riavvicinamento di tutto il mondo socialista con quello democristiano, sarebbero dovuti essere posti in secondo piano per il bene del Paese. Noi ci stiamo provando lo stesso. Peccato, perché si intravedeva la possibilità di vincere le elezioni al primo turno, con i movimenti al centro di un progetto politico alternativo a portare avanti un rinnovamento della politica nei fatti, non solo nelle promesse. Non aveva senso, a nostro avviso, lasciarsi scappare questa opportunità per bisticci politici o antipatie personali, eredità dell’ultima tornata elettorale.
Il problema dei crediti deteriorati delle banche è il nodo su cui si gioca la partita. Ci sono interessi personali dietro? In Consiglio si è parlato di persone politicamente esposte e di professionisti con interessi milionari…
Le voci sono insistenti e i rapporti economici e professionali fra alcune persone che fanno politica e Istituti finanziari sammarinesi sicuramente non aiutano. Certamente il nodo degli NPL è uno dei problemi principali del Paese, su cui il prossimo Governo dovrà intervenire senza più tentennare. Noi crediamo che qualsiasi iniziativa sarà messa in campo, dovrà avere la massima condivisione sia con gli operatori che con i cittadini, che ne subiranno le conseguenze, ma non possa prescindere da un’analisi dettagliata dell’origine di quei crediti deteriorati, e delle responsabilità. Esperti del settore finanziario con esperienza internazionale come Ivan Simetovic o Roberto M. Billi, alcuni giorni fa, hanno sottolineato come un ulteriore intervento dello Stato nelle banche per risolvere questo problema, senza prima un azzeramento dei vertici che hanno guidato gli Istituti verso questa situazione di grave crisi, sarebbe una vera e propria porcata, e noi siamo d’accordo con loro. Vanno individuate le responsabilità, valutate eventuali posizioni critiche che coinvolgono chi fa politica – e deve avere le mani libere per decidere cosa è meglio per il Paese – e vanno chiesti passi indietro a chi si è reso artefice di certe situazioni.
La coalizione di cui fate parte è “il vecchio per combattere il vecchio”?
Queste sono insinuazioni da bar, soprattutto alla luce degli ultimi annunci fatti dai nostri compagni di coalizione. Il nostro punto di partenza è sempre stato il progetto Cittadinanza Attiva, l’unica coalizione ancora in piedi di quelle nate nel 2012 proprio perché nata su basi solide – le cose da fare e la sincerità – e non sui diktat, o sui veti, o su vuoti ragionamenti elettoralistici. Avevamo detto che qualsiasi coalizione in cui ci saremmo andati a spendere, non poteva prescindere – come già detto – da regole chiare anche sul rinnovamento delle persone che presenteranno al Paese il programma, e così sarà. Le nostre azioni in questi quattro anni sono a garanzia delle nostre intenzioni.
Temete che possa esserci una restaurazione e che il tribunale, tutto o in parte, possa essere disposto a colpi di spugna giudiziari?
No. Non lo crediamo e non vogliamo neanche pensare a questa eventualità, perché se così fosse non sarebbe possibile far ripartire il Paese riallacciando un rapporto fra istituzioni e cittadini. Le responsabilità devono emergere, tutte, anche quelle dei cittadini che hanno ceduto a quel sistema marcio che emerge dalle carte della magistratura. Chi ha sbagliato deve pagare, perché bisogna iniziare a dire con forza che a San Marino la certezza della pena è una realtà. E nel frattempo bisogna iniziare a costruire un Paese nuovo, fatto di regole uguale per tutti, di meritocrazia, di equità fra tutte le categorie di cittadini, andando al di là della gestione dell’emergenza e superando certe posizioni caratterizzate da veri e propri “privilegi acquisiti” che drenano risorse importantissime. Risorse che potrebbero e dovrebbero essere utilizzate per mettere in piedi strategie utili allo sviluppo di un nuovo sistema Paese.
Come valuta la richiesta di sospensione inviata ai sei Istituti bancari per funzionari coinvolti in vicende giudiziarie?
Reputo questa azione un atto dovuto per tutelare il nostro sistema bancario e finanziario e più in generale l’intero sistema paese. Il nostro movimento ha sempre sostenuto che quando qualcuno sbaglia, responsabilmente ne deve rispondere. Davanti ad ogni cosa deve essere garantita l’autorevolezza e la credibilità delle istituzioni. Non si tratta di mettere alla gogna la persona coinvolta in procedimenti giudiziari che avrà, giustamente, le garanzie previste dai vari gradi di giudizio, ma di mettere sempre in primo piano l’esigenza di tutelare le istituzioni, la loro credibilità e la loro autorevolezza. Dobbiamo chiederci piuttosto perché questa decisione non sia stata presa in autonomia dai singoli Istituti di Credito in un’ottica appunto di tutela del sistema nel suo insieme.
Adesso.sm è la coalizione di cui fate parte. Il quadro pare definito con tre blocchi più un paio di liste che corrono da sole. In un panorama così frastagliato la politica non rischia di essere sempre più debole e di basso livello?
La politica, mai come ora, deve avere la forza di trovare punti di condivisione tra i vari soggetti; assistiamo invece all’esatto contrario: quando non si riesce ad affrontare una forte problematica la tendenza è quella di isolarsi, di impostare magari un nuovo soggetto; questo accade, a mio avviso, perché siamo diventati molto individualisti, e stiamo perdendo la capacità di comunicare e riconoscere l’altro; il bene sociale inteso come bene di tutti i cittadini rischia così di rimanere solo una vuota cornice che abbellisce il proliferare di tanti soggetti politici più o meno nuovi, più o meno rivoluzionari. A mio avviso la vera rivoluzione sta nel non cedere all’isolamento e all’incapacità di condivisione, al riconoscere che non si è unici o unti dal Signore. La sfida vera è quella di arrivare a condividere il più possibile, di lavorare ad un obiettivo unico che si eleva dai bisogni del singolo: il bene della comunità. Penso infatti che sia necessario rendere concreti i concetti quali rinnovamento, metodo, concretezza, trasparenza, umiltà, capacità di accogliere e riconoscere valore negli apporti qualificati altrui.
Deposito delle liste è alle porte. Per molti ci sono state difficoltà a farle, anche per la mancanza di quote rosa. Lei è una quota rosa, come si supera il problema della scarsa presenza delle donne in politica?
Questa tornata elettorale ci mostrerà, con tutta probabilità, che l’introduzione della preferenza unica ha introdotto elementi di discrimine: probabilmente chi avrà più occasione di mettersi in mostra, di fare attività pubblica, proviamo a pensare agli attuali segretari di stato, che non perdono occasione di presenziare in ogni dove, con tanto di telecamere al seguito, o a persone che hanno già ricoperto incarichi politici o di altro livello, avrà sicuramente un livello di possibilità maggiore, questo pone i candidati su piani diversi davanti alla scelta dei cittadini.
Il meccanismo cosiddetto delle “quote rosa” non mi è mai piaciuto, lo ritengo una sorta di riserva indiana, concessaci per grazia ricevuta, tuttavia devo ringraziare che ci sia, altrimenti in questo Paese le donne sarebbero ancora cittadini che guardano i compagni occuparsi di politica; dobbiamo ritenerla una conquista importante seppur incompleta, su cui invece dobbiamo interrogarci in maniera approfondita: perché oggi ancora non siamo capaci di portare al 50% la rappresentanza femminile nelle liste dei soggetti politici? Perché è così difficile trovare donne che scelgono di candidarsi? Le risposte sono molteplici, una delle più forti riguarda l’aspetto culturale che ci vede ancora legate ad un profilo di cura, di dedizione alla famiglia, di centro delle attività familiari, mancano politiche sociali adeguate che ci consentano di tenere in equilibrio le molteplici attività che ci coinvolgono, manca l’approfondimento educativo e conoscitivo, anche in ambito scolastico, manca il riconoscimento della vera parità.
Chi afferma che le problematiche dell’impegno femminile in politica si supera con organizzazione e pianificazione dell’attività politica, dice una mezza verità, e sa di dirla: certamente una buona organizzazione può aiutare, ma il gap culturale che ancora ci vede molti passi indietro rispetto ai colleghi maschi, è tutto da affrontare.
Aggiungo che la preferenza unica in questo quadro opaco, ci metterà ancor più in difficoltà: con la preferenza unica almeno una possibilità di scegliere un uomo e una donna c’era, ora la scelta è unica: tra i due chi sceglierà l’elettore?